L’insostenibile pesantezza della resilienza

07.02.2023

Chi mi conosce sa quanto non sopporti la parola resilienza, ma non è un odio per la parola in sé. La mia idiosincrasia è nata quando a questa parola si è voluto dare un significato diverso, o meglio, è stata applicata a qualcosa di diverso, secondo me inconciliabile con essa. Resilienza è sempre stata una definizione attinente al mondo della fisica: "La capacità di un materiale di assorbire energia elasticamente quando sottoposto a un carico o a un urto prima di giungere a rottura". Test di resilienza si applicano a metalli e materiali vari, ma cosa c'entrano questi con l'essere umano? Nemmeno i vegetali "resiliano", perché al mutare delle condizioni mutano anche loro, si evolvono, applicano forme di adattamento cambiando e di resistenza. A maggior ragione perché mai un essere umano dovrebbe limitarsi a resiliere? Se un evento esterno mi opprime, non aspetto che misurino il mio punto di rottura, al massimo si potrà misurare il mio grado di educazione dal tempo ci metterò a "mandarti a dar via i piedi" (cit. di insulto automobilistico di mio papà), io mi sposto, reagisco, insomma mi muovo, non sono una barra di lega di alluminio...

Per questo credo che questa moda di applicare questa parola orribile a tutto quello che riguarda la nostra vita, nasconda una grande fregatura, una presunzione di passività richiesta. Da giovane ho sempre pensato di avere davanti un album di fogli bianchi sul quale disegnare il mio futuro, lo penso tuttora, ma forse questo fa parte di una mia patologia....oggi ai giovani si pretende di consegnare un album di disegni già fatti, da colorare, con anche le indicazioni di quali colori utilizzare...e questo è gravissimo e triste. Ricordo con orrore quando una giovane relatrice di una conferenza alla quale ho assistito, ribatteva a qualsiasi critica o riflessione su un futuro disegnato da qualcun altro affermando: la strada è questa, bisogna solo adeguarsi e seguire...quanta arroganza, quanta mortificazione per l'intelligenza di chi afferma questi dogmi e di chi li ascolta....io non "resilio" e mi incazzo, il mio futuro continuo a disegnarmelo io, con l'unica certezza che si vive e si muore, ma non si muore per vivere. Non mi trasformo in un pollo da batteria per sopravvivere, con tutto il rispetto per il pollo da batteria. Io ho fantasia, capacità di discernere e scegliere, posso sbagliare, correggere, cadere, rialzarmi, ma non ho bisogno di tutori che decidano per me, perché questo è vivere e, come cantava Califano, "tutto il resto è noia" mortale.

Marco Fasoli