Racconto una storia per "raccontarne" un’altra….

Il mio racconto inizia in modo banale: C'era una volta una compagnia teatrale che si esibiva continuativamente in un teatro forse un poco datato, ma ricco di storia e fascino.
Lo spettacolo nel corso del tempo aveva raggiunto una celebrità che travalicava ogni confine, pubblico proveniente da ogni parte del mondo era castamente in coda per accaparrarsi i biglietti e lo affollava ad ogni rappresentazione.
Cosa rendeva unico questo spettacolo? Chi dopo averlo ammirato ne parlava sosteneva semplicemente che su quel palco c'era semplicemente tutto, la vita in tutte le sue sfaccettature, amore, odio, lacrime, risate, imprese eccezionali e piccoli gesti, quotidianità e eventi memorabili e gli attori erano talmente bravi che non sembrava nemmeno di assistere ad una recita, semplicemente vivevano.
Il successo non accennava a diminuire, tutt'altro.
Un impresario decise di occuparsi di quella che gli sembrava poter essere una "miniera d'oro", ma ovviamente voleva apportare il suo tocco, migliorare ulteriormente quello che già esisteva da decenni. Non so dirvi se per egocentrismo o perché credeva veramente di poter fare meglio o forse un po' di entrambe le cose.
Come decise di intervenire? Non essendo ne un regista, ne un attore, ne uno sceneggiatore, non andò a toccare nulla dello spettacolo, ma si concentrò sul contorno.
Fermò lo spettacolo e iniziò a lavorare sul teatro: gli ingressi, i sedili che grazie a calcoli e studi di ergonomia dovevano essere in grado di assicurare il massimo della comodità in funzione della corporatura media dello spettatore medio dell'orario di rappresentazione più frequentata. Non soddisfatto decise di personalizzare le file dedicandone alcune a persone corpulente, altre ai magri, agli alti, ai bassi, ai giovani, agli anziani, a chi portava cappelli, a chi aveva capigliature voluminose, a chi era calvo, a chi una via di mezzo.
Non contento alzò gli occhi verso il sipario e gli sembrò troppo semplice e banale. Ecco allora che convocò i migliori designer, stilisti, armocromisti, fornitori di tessuti e sarti. Il sipario deve essere il più bel sipario del mondo e deve piacere a tutti; e allora studi e sondaggi per esplorare i gusti di ogni tipo di spettatore….
Il risultato: un sipario che così non si era mai visto, trame di tessuti in ogni colore, ogni materiale, ogni luminescenza.
Non ancora soddisfatto, si dedicò anche al pavimento del palcoscenico. Anni di rappresentazioni ne davano consumato il legno., qualche tavola appariva più consumata delle altre…insomma non andava affatto bene.
Doveva anch'esso essere all'altezza del resto e di quello spettacolo meraviglioso. Innanzitutto la sicurezza, il fondo saprebbe potuto essere scivoloso in determinate condizioni, di scarpe, in base al peso di ogni attore, all'età, alla sua atleticità, al suo modo di incedere sul palco, se era uomo, donna, se gli piaceva mangiare e dal tipo di dieta che preferiva.
Poi ovviamente doveva essere bellissimo, ogni misura di ogni traversino doveva essere decisa in modo da sposarsi perfettamente con tutte le altre e intonata ai colori del sipario che ne aveva migliaia.
I lavori sembravano non finire mai, erano oramai passati decenni e non si parlava più molto di quello spettacolo, era il momento di riaprire il sipario per non fare si che il pubblico se ne dimenticasse del tutto.
Il primo giorno di prova, entusiasta per i lavori svolti, l'impresario decise di presenziare: grande emozione, sipario!
Con grande sorpresa scopri che dietro al sipario non c'era èpiù quasi nulla di quella fantastica compagnia teatrale: molti attori se ne erano andati, altri erano invecchiati e quelli rimasti non ricordavano nemmeno più quello che più che "recitare", "vivevano" su quel palco oramai irriconoscibile.
Il sipario era però bellissimo, il palco perfetto, le poltrone magnifiche ed ergonomicamente perfette.
Lo spettacolo non si tenne più, ma si racconta che i pochi rimasti siano ancora li ad ammirare sipario, palco, ingressi e poltrone nel teatro vuoto.
Marco Fasoli